Oggi questi fattori predisponenti e favorenti sono stati meglio precisati, e così i fattori ematici comprendono più esattamente la aumentata coagulabilità del sangue, la diminuzione dell'attività fibrinolitica, l'aumentata aggregazione piastrinica, e inoltre l'aumentata viscosità ematica e la diminuita deformabilità o flessibilità dei globuli rossi, ai fattori vasali corrispondono tutte le alterazioni di natura arteriosclerotica, attualmente descritte nei più fini dettagli morfologici e biochimici, mentre il flusso ematico è stato approfondito attraverso le ricerche sulla microcircolazione.
Nella prevenzione della trombosi sono oggi disponibili mezzi capaci di agire specificamente su ciascuno di questi fattori, a volte anche attraverso un'azione farmacologica complessa, e cioè a livello di più fattori. Tuttavia, prima di analizzare brevemente questi mezzi, è fondamentale considerare quelle malattie e condizioni che possono favorire l'insorgenza della trombosi - pure note da tempo - e che è assolutamente indispensabile identificare e correggere se si vuole ottenere un risultato durevole.
Le malattie predisponenti e favorenti l'insorgenza delle trombosi
In primo luogo l'arteriosclerosi, già ricordata a proposito di fattori vasali della trombosi, è di fondamentale importanza nella patogenesi della trombosi. Essendo noto il legame tra aterosclerosi e diabete, è necessario sottolineare l'importanza di una correzione mirata della malattia diabetica e di un trattamento efficace di quelle alterazioni a livello delle frazioni lipidiche (colesterolo, HOL e LOL, trigliceridi, lipoproteine, comprese le Apo-a e Apo-b-lipotroteine), che sono spesso alla base della malattia ateroslerotica (diversa dalla arteriosclerosi in senso stretto, che rappresenta in effetti solo l'indurimento o sclerosi delle arterie da invecchiamento fisiologico, anche se per lo più associata all'aterosclerosi con alterazioni lipidiche).
Anche l'ipertensione può favorire l'insorgenza della trombosi, probabilmente anche attraverso quei fattori emodinamici già ricordati, e d'altra parte l'esperienza clinica insegna come queste malattie sono spesso presenti in uno stesso soggetto, quasi in rapporto a un terreno dismetabolico e/o costituzionale comune (vedi tipi costituzionali di Ippocrate), ed è per questo che la stessa trombosi, come anche le alterazioni lipidiche dell'aterosclerosi, il diabete, l'obesità, l'ipertensione (spesso variamente associate), possono costituire il punto di arrivo e di confluenza di quelle classiche spie bioumorali di Greppi, di così frequente osservazione nell'età presenile, tra i 50 e i 55 anni, e cioè quando si comincia a invecchiare; anche in base a queste e altre considerazioni lo stesso invecchiamento è stato riferito a un'alterazione complessa delle funzioni metaboliche.
Ma se vogliamo analizzare un po' più da vicino i mezzi da usare per la prevenzione della trombosi in senso stretto, conviene vedere che cosa si può fare per correggere i tre gruppi ai fattori della triade di Virchow. Cominciamo da quelli che hanno suscitato maggiore interesse, anche da parte dei profani, soprattutto nell'ultimo cinquantennio, e cioè i fattori ematici, con la coagulazione del sangue, la fibrinolisi, le piastrine, e - separatamente - la viscosità ematica e la deformabilità dei globuli rossi.
Nel linguaggio comune, quando si parla di "sangue spesso", ci si riferisce a un sangue che coagula facilmente, e cioè che tende a formare «grumi», come si verifica appunto nel caso della trombosi, ed è proprio per questa ragione che si è attribuita tanta importanza alla coagulazione del sangue, alla fibrinolisi e alle piastrine e ai mezzi capaci di correggere le loro alterazioni in caso di tendenza alla trombosi, a cominciare dagli anticoagulanti, già in uso fin dalla fine degli anni trenta, e cioè l'eparina e analoghi e gli anticoagulanti cosiddetti orali o indiretti.
Gli anticoagulanti
In primo luogo non si deve dimenticare che - all'infuori di qualche particolare applicazione, ad esempio per le dosi molto elevate di eparina - gli anticoagulanti non curano la trombosi ma servono solo nella prevenzione della trombosi con tutte le riserve e limitazioni che vedremo.
Gli anticoagulanti che attualmente si utilizzano per la prevenzione della trombosi nell'anziano sono gli anticoagulanti orali o indiretti (comprendenti i cumarinici e gli indandionici in base alla loro struttura chimica) sono così chiamati in quanto agiscono non in vitro, o direttamente nel sangue circolante come l'eparina, ma solo dopo essere stati assorbiti e cioè a livello del fegato, e quindi dopo un periodo di latenza di durata variabile (per lo più da 12 a 24 ore), con riduzione della protrombina e dei fattori VII, IX e X. Per ragioni di praticità si danno in genere per via orale, anche se per qualcuno è disponibile anche la via parenterale. Sono stati introdotti in terapia all'inizio degli anni quaranta e presentano l'inconveniente di richiedere sempre un controllo regolare e preciso per mezzo del tempo di Quick (attività protrombinica) allo scopo di evitare l'insorgenza di complicazioni emorragiche in seguito ad un'azione anticoagulante troppo intensa, ovvero di evitare un effetto insufficiente, con possibile insorgenza di complicazioni trombotiche.
È quest'ultimo forse il pericolo maggiore, non sempre ben valutato dal medico pratico, che spesso si accontenta di un'azione anticoagulante blanda, e quindi insufficiente, per la paura di andare incontro a complicazioni emorragiche, soprattutto in pazienti anziani.
Che nell'età avanzata questo rischio esista più che in altre età è noto da tempo, come pure si sa che proprio in soggetti anziani, defedati, denutriti, sottopeso, o addirittura cachettici gli anticoagulanti possono svolgere un'azione più intensa e quindi esporre al rischio di complicazioni emorragiche.
Tuttavia, negli anni ottanta, è stato un po' liberalizzato e rilanciato l'uso degli anticoagulanti orali anche nelle persone anziane, forse anche in seguito al loro uso più oculato e controllato, e quindi l'età non rappresenta più una controindicazione in senso stretto. Nella pratica corrente gli anticogulanti orali si usano nella prevenzione dell'infarto miocardico e delle sue recidive, della malattia tromboembolica in genere, anche se qualche riserva è stata formulata nei riguardi delle localizzazioni cerebrali.
Gli anticoagulanti cosiddetti diretti, sul tipo dell'eparina e analoghi (naturali e sintetici), che agiscono cioè direttamente nel sangue circolante e anche in vitro con effetto antitrombinico, nelle forme acute (ad esempio infarto miocardico) sono usati per via endovenosa a dosi elevate (fino a 40.000 unità e più nelle 24 ore) per brevi periodi; lo scopo è comunque sempre quello di prevenire l'estensione o le recidive della trombosi.
A scopo preventivo in senso stretto si è invece sempre più affermata negli ultimi anni la tendenza a somministrare l'eparina a piccole dosi (5.000-10.000 unità al giorno) per via sottocutanea (quindi con una gestione più facile rispetto all'endovenosa) per periodi prolungati, anche di mesi, con risultati che sono sembrati favorevoli, anche nei confronti degli anticoagulanti orali.
Negli ultimi anni è stato valorizzato il concetto in base al quale gli stessi anticoagulanti orali o indiretti, in passato rigorosamente contrapposti a quelli diretti sul tipo dell'eparina, fornita tipicamente di azione antitrombinica, sarebbero pure capaci di svolgere un'azione di questo genere attraverso la formazione di proteine abnormi, prive di acido gamma-carbossiglutammico (GLA), fornite in effetti di un'azione antitrombinica, per cui paradossalmente l'azione dei due gruppi di anticoagulanti sarebbe sovrapponibile.
La valutazione dei risultati ottenuti con gli anticoagulanti in genere nella prevenzione della trombosi rappresenta tuttavia un problema ancora molto dibattuto, e, come si è visto anche per altri trattamenti preventivi (ad esempio per le iperdislipidemie ateroscIerotiche e gli ipocolesterinemizzanti), si rimane ancora molto perplessi nella valutazione dei risultati ottenuti nel corso di ricerche rigorosamente controllate (i cosiddetti "trials" controllati) e protratte per lungo tempo, addirittura per anni. Questo vale, del resto, anche per altri farmaci usati nella prevenzione della trombosi, e particolarmente - come vedremo - per gli antiaggreganti piastrinici.
PROFILASSI DELLE TROMBOEMBOLIE CON ANTICOAGULANTI Anticoagulanti indiretti (cumarinici, dicumarinici, indandionici: SVANTAGGI: Anticoagulanti diretti: |
L'attivazione della fibrinolisi
Accanto agli anticoagulanti diretti e indiretti ci sono i farmaci capaci di attivare la fibrinolisi usati a scopo preventivo, e cioè non quelli che si usano a scopo terapeutico, detti anche trombolitici, in quanto capaci di provocare la dissoluzione di un trombo già formato, principalmente la steptochinasi e l'urochinasi. Nella prevenzione della trombosi i farmaci capaci di attivare la fibrinolisi sono stati proposti quasi in alternativa agli anticoagulanti, in base al noto principio della bilancia emostatica, per cui una tendenza alla trombosi può essere dovuta a un eccesso di coagulazione (quindi: anticoagulanti) o a un difetto di fibrinolisi (quindi: fibrinolitici). Questo principio, relativamente empirico e grossolano, è tuttavia ancora valido non solo sul piano delle applicazioni terapeutiche, ma anche sul piano diagnostico.
Quando si parla di attivazione della fibrinolisi nella prevenzione della trombosi, ci si riferisce a un'attivazione prolungata di lieve grado, a differenza della fibrinolisi marcata che si ottiene con i trombolitici in senso stretto, somministrati per brevi periodi (pochi giorni).
L'attivazione prolungata di lieve grado della fibrinolisi viene attuata inizialmente come iperfibrinolisi da acido nicotinico (iniettato per via endovenosa) ed è il primo tentativo in questo senso, a cui seguì l'impiego di numerosi altri farmaci, somministrati per varie vie, compresa quella orale, come l'acido nicotinico e derivati, e in cui era spesso dimostrabile un'azione vasodilatatrice. Si è così pensato che l'attivazione della fibrinolisi fosse dovuta alla liberazione di particolari sostanze attivanti da parte della parete vasale, e anche le recenti acquisizioni sugli attivatori tessutali della fibrinolisi sembrano confermare questa interpretazione.
Oggi oltre all'acido nicotinico e derivati, numerose altre sostanze vasoattive, come quelle che si usano correntemente nel trattamento dell'insufficienza cerebrovascolare (vedi buflomedil, cinnarizina, flunarizina, ciclandelato, vincamina, ecc.) possono provocare un'attivazione di lieve grado della fibrinolisi, e, dato che tutte queste sostanze si possono somministrare per lungo tempo, anche l'effetto fibrinolitico può essere mantenuto a lungo, senza rischio di emorragie e neppure necessità di controlli regolati, come per gli anticoagulanti.
Attivazione prolungata della fibrinolisi: (*) Vantaggi rispetto agli anticoagulanti: |
Gli antiaggreganti piastrinici
Arriviamo all'altro filone, così importante e largamente diffuso e chiacchierato, dei trattamenti per la prevenzione della trombosi, cioè quello degli antiaggreganti piastrinici. Senza fare la storia degli antiaggreganti basti ricordare come i farmaci attualmente più in uso siano stati scoperti quasi per caso (come è avvenuto anche per altri farmaci usati nella prevenzione della trombosi), a cominciare dall'aspirina (acido acetilsalicilico o ASA), la cui azione antiaggregante è stata scoperta da Quick in seguito alla sua somministrazione come antifebbrile in un paziente con malattia di Willebrand, e cioè già affetto da un deficit piastrinico con allungamento del tempo di emorragia.
Anche altri farmaci antireazionali e antireumatici sono forniti di azione antiaggregante, a cominciare dal sulfinpirazone, e inoltre alcuni farmaci (vaso attivi e non) usati nel trattamento dell'insufficienza cerebrovascolare, come lo stesso bufIomedil, già ricordato, la nicergolina, la citicolina e altri.
L'aggregazione piastrinica, abnormemente aumentata negli stati trombofilici è parzialmente modificabile con una corretta alimentazione (vedi acidi grassi insaturi contenuti nei pesci)
Questa complessità di azione svolta da parecchi di questi farmaci rappresenta un aspetto positivo rispetto agli anticoagulanti, che possiedono in genere solo l'azione anticoagulante, e, per gli anticoagulanti orali, gli svantaggi legati alla necessità dei controlli e al rischio delle emorragie. Inoltre, e qui entriamo negli sviluppi patogenetici e terapeutici più recenti, alcuni di questi farmaci (vedi bufIomedil, nicergolina, e altri) agiscono anche sulla deformabilità eritrocitaria e sulla viscosità ematica, che rientrano tra i fattori cosiddetti microcircolatori e svolgono una parte importante insieme agli altri fattori emodinamici nella patogenesi della trombosi
Riconoscimento e trattamento delle malattie concomitanti predisponenti: TROMBOFILIA DIAGNOSI DI LABORATORIO Se possibile: Possono servire: |
Pubblicazione del 1986
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