Per giungere a questo risultato, lo sportivo si sottopone ad una disciplina rigorosa, volta a migliorare e perfezionare il proprio rendimento fisico.
Questo tipo di impegno, che gli permette di conoscere e padroneggiare al meglio il proprio corpo e le sue potenzialità, rappresenta per l' atleta un modo per realizzare se stesso ed imparare a conoscere la sua personalità.
Questo per quanto riguarda la dimensione individuale; lo sport tuttavia presenta anche una dimensione comune e collettiva, rappresentata dalla competizione pubblica, la gara, che mette a confronto gli atleti e permette agli spettatori di identificarsi con la squadra del cuore o con i singoli campioni.
Per molti lo sport è anche l'espressione di un ideale di giustizia; la passione per le gare sportive servirebbe a compensare le continue prevaricazioni ed ingiustizie sociali, alle quali tutti quanti siamo costretti quotidianamente ad assistere.Quindi se il campione vince, non perché è il più bravo, ma perché ha preso il doping la reazione di delusione del pubblico é generalizzata e profonda.
La parola "competizione" deriva dal latino "petere", che significa "tendere verso", unito al "cum", che implica la presenza di altre persone: il significato è quindi "tendere verso qualcosa, insieme ad altri".
La competizione, inoltre, non rappresenta soltanto una caratteristica del mondo sportivo, ma appartiene all'inconscio collettivo, cioè a quelle dimensioni psichiche profonde e primitive, comuni a tutti gli uomini, nelle diverse epoche storiche. Le prime gare, le prime lotte, la voglia di dimostrare di essere il più bravo in qualche attività, sono modi di esprimersi già presenti fin dai tempi più lontani; in Cina si praticavano le arti marziali come sport già nel 2700 a.C.
Non dimentichiamo inoltre che, fin dall'antichità, la gara sportiva costituiva un potente rito sociale. Assistere ad una gara nell'antichità, permetteva agli spettatori di sentirsi parte di una dimensione collettiva e mistica, nella quale sentimenti ed emozioni venivano esaltati al massimo.
A dimostrazione di questo si può rilevare come molti templi nell'antica Grecia fossero collegati con lo stadio sportivo, e come i riti sacerdotali fossero collegati con le competizioni, a loro volta spesso indette in onore degli dei.
Dal punto di vista psicologico, inoltre, la competizione può essere esaminata a due ulteriori livelli: quello intrapsichico (cioè il rapporto con se stessi), e quello interpsichico (il rapporto con gli altri).
Il rapporto del singolo atleta con gli altri atleti, è un concetto chiaro, ed è l'essenza stessa della competizione: ognuno cerca di vincere e di battere gli altri; per far questo in modo valido, tutti devono rispettare le regole sportive.
Il rapporto dell'atleta con se stesso, presenta molti aspetti, che cercheremo di evidenziare ponendoci da diversi punti di vista. L'atleta combatte innanzitutto contro se stesso, contro il dolore muscolare, la stanchezza, il respiro che manca; in questo modo arriva a conoscere i limiti del suo corpo, e cerca di spingerli avanti.
La scelta sportiva, a livelli professionali, impone alla persona condizioni di vita unilaterali, per un periodo di tempo abbastanza lungo, e per la maggior parte delle ore della giornata. Di fronte ad un impegno così pesante, ci si può domandare allora se, una parte significativa della motivazione che spinge uno sportivo a passare la maggior parte del tempo a migliorare le sue prestazioni fisiche, non possa essere rintracciata nel desiderio di risolvere una difficoltà relativa al corpo. Da un punto di vista psicologico, si può' supporre che esista una difficoltà relativa a ciò che il corpo rappresenta.
Un'altra interpretazione della competizione sportiva, é quella di canalizzare in modo positivo e costruttivo, l'aggressività rivolta verso gli altri. Lo sport può diventare una esperienza estremamente formativa, perché partecipare ad una gara, significa anche fair play: rispettare le regole e accettare la possibilità di perdere. L'ambiente sportivo sano abitua a contenere ed accettare la frustrazione, senza trasformare una sconfitta in una esperienza distruttiva per la personalità dello sportivo.
Secondo altri autori, la passione per le gare sportive potrebbe anche nascere da un'infanzia nella quale, genitori troppo ansiosi e protettivi, per paura che il figlio si facesse male, gli hanno impedito sia di esprimere in modo naturale la normale esuberanza dei giovani, sia di gareggiare coi fratelli o coi compagni di gioco. In questi casi la voglia di primeggiare viene portata sui campi sportivi, e la lotta con gli altri atleti, sostituisce il mancato confronto con gli altri bambini. Il bambino, il cui io è stato ferito dal divieto di potersi esprimere, trova nello sport l'ambiente adatto a poter esprimere la forza della sua vitalità.
Ed ancora, tra le motivazioni che spingono un giovane a praticare lo sport competitivo, possiamo rilevare il desiderio di imparare ad entrare in relazione con le proprie energie vitali, le proprie forze istintuali. Questo è particolarmente valido per chi, percepisce la propria vitalità, come una forza incontrollabile e potenzialmente distruttiva.
La disciplina sportiva in questi casi diventa scuola di vita, perché, attraverso il rispetto delle regole sportive l'atleta può trovare un'attività regolatrice e rassicurante, cioè un contenimento delle sue energie, indispensabile al suo equilibrio psichico.
Roberto VINCENZI
Psicologo - Psicoterapeuta
Via Cairoli 11
Genova
Tel. 010.2477034
Pubblicazione del 2005
< Prec. | Succ. > |
---|