IL CAPELLO QUESTO SCONOSCIUTO (seconda parte)

Mercoledì 13 Settembre 2006 19:57
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Esiste una stretta correlazione tra androgeni ed alopecia androgenetica e lo si evince anche, in modo piuttosto semplicistico, dalla banale osservazione che non ci sono eunuchi calvi. L' alopecia androgenetica, denominata anche calvizie di tipo genetico ereditario è la patologia del capello più diffusa: si manifesta, nella fase iniziale, con una stempiatura o un diradamento progressivo frontale ed all'apice del capo. La progressione del fenomeno è stata codificata nella scala di Hamilton con una numerazione che va da 1 a 7: nel I e II stadio arretra (a volte anche in modo poco percettibile) l' attaccatura dei capelli, la fronte si fa più ampia e spaziosa, alla fine del II e nel III l' evoluzione dell' alopecia coinvolge la fronte, le tempie ed il vertice (la classica "chierica" (stadio III vertex), nel IV stadio si amplia lo sfoltimento che, nel V stadio porta al congiungimento delle aree frontali, temporali e vertex scoprendo totalmente la sommità del capo, i momenti successivi, e cioè VI e VII stadio sono caratterizzati da una progressiva riduzione della capigliatura residua, tale da far rimanere solo una banda di capelli laterale, sopra le orecchie e al livello della nuca, a questo punto si parla di calvizie androgenica o ippocratica.
In ogni caso è doveroso ed "incoraggiante" ricordare che la caduta può fermarsi in uno qualsiasi degli stadi, in special modo quando si manifesta tardi negli anni.
La prima manifestazione, per tale patologia, non è rappresentata dalla caduta bensì dalla miniaturizzazione dei capelli con assottigliamento dello stelo, questo nelle zone delle quali abbiamo prima parlato; successivamente e progressivamente comincia la caduta, più o meno accentuata, che determina la perdita definitiva del capello. Viste le aree (correlate prima agli stadi della scala di Hamilton) interessate da tale patologia, possiamo ritenere che i follicoli piliferi tipicamente soggetti ad alopecia androgenica sono quelli delle aree temporo-frontali, della regione fronto-temporale e del vertice mentre sono immuni quelli della regione occipitale: proprio su tale differenza si basa l' omotrapianto di isole o bulbi di cuoio capelluto effettuabile per ottenere il rinfoltimento.

La calvizie, comunque, è legata al sesso oltrechè alla razza, infatti ne soffre soprattutto quella bianca, ed è ereditaria: nei cromosomi ci sono le informazioni geniche che faranno produrre ai bulbi, dopo la pubertà e comunque in un qualsiasi momento della vita, capelli sempre più sottili (velli) fino a quando si fermeranno atrofizzandosi.
La differenza di un capello terminale rispetto ad un capello vello sta nella misura del diametro del fusto che nel primo tipo di capello supera i 0,03 mm ed è più spesso rispetto alla fase inclusa, al contrario del capello vello che non raggiunge tale misura e si presenta, nella sua parte libera, più sottile della radice e non è pigmentato.
Da misurazioni del rapporto tra i capelli terminali ed i capelli vello per mmq è stato valutato che nei soggetti sani, in un campione medio, esso è di 7 a 1 mentre nei soggetti affetti da alopecia il rapporto diventa 1,7 a 1.
Allo stesso modo varia anche la percentuale dei capelli terminali in fase anagen e telogen che, nei soggetti sani, risulta essere, rispettivamente, 93.5% e 6.5%, mentre nei soggetti con alopecia le suddette percentuali diventano 84% (anagen) e 16% (telogen).
Un'ulteriore differenziazione può essere fatta valutando la presenza di infiammazione o fibrosi: possiamo allora avere una alopecia comune, con infiammazione perifollicolare (fibrosi) assente o leggera, ed un'alopecia complessa con infiammazione e/o fibrosi modesta o grave.
Esiste anche una correlazione tra l'infiammazione suddetta e l' alopecia, infatti essa è stata riscontrata nel 36% dei soggetti alopecici e solo nel 9% di quelli sani. Il fenomeno infiammatorio potrebbe dipendere, essenzialmente, da una dermatite seborroica od anche da danno attinico a cui il cuoio capelluto del calvo è più suscettibile.
Studi effettuati recentemente hanno stabilito che la possibilità di ricrescita dei capelli è del 78,6% nei pazienti colpiti da alopecia da meno di 10 anni, e del 75% in quelli colpiti da più di 10 anni. Per una diagnosi dell' alopecia androgenetica bisogna tener presente che essa si presenta con un lieve aumento degli steli follicolari, un numero di capelli che non diminuisce di molto, almeno all'inizio, ed un rapporto tra i capelli terminali e quelli vello che diventa di 2 a 1 mentre nei soggetti normali e di 7 a 1.
Altra modificazione avviene nella percentuale dei capelli in fase telogen che passa dal 6,5% nei soggetti normali al 16% in quelli alopecici: questo perchè, probabilmente, i cicli anagen diventano sensibilmente più brevi e nel contempo si verifica un aumento della frequenza della fase telogen.
Uno studio piuttosto recente ed accurato, effettuato su pazienti volontari, ha anche permesso di comparare la possibilità di ricrescita, in funzione della densità delle strutture follicolari, nei soggetti affetti da alopecia androgenica comune e complessa. Per quel che riguarda la prima patologia, la possibilità di ricrescita non c' è quando nel soggetto abbiamo meno di due follicoli per mmq, diventa di circa l' 81 % quando sono presenti da 2 a 4 strutture follicolari (sempre per mmq), e può sfiorare una percentuale di ricrescita del 100% quando ne sono presenti più di 4 nello stesso spazio. Nel caso dell' alopecia complessa, invece, sempre considerando, per le strutture follicolari le stesse densità, abbiamo percentuali che sono, rispettivamente, uguali a 0%, 63% e 67%.

Una volta affrontato, seppur schematicamente, l’ "argomento alopecia", valutiamo ora l'influenza su tale patologia che potrebbero avere gli ormoni androgeni: il Testosterone è il principale della classe, viene prodotto nel testicolo, nell' ovaio e nella corteccia surrenale. Una volta in circolo fa da preormone per la sintesi di due classi di steroidi: gli estrogeni e gli androgeni 5alfa-ridotti. Proprio per questo motivo quando si valuta l' azione degli androgeni bisogna tener presente anche quella dei suoi metaboliti: non si può considerare l' effetto del testosterone senza tener presente, negli stessi organi ed apparati, anche quello dell'estradiolo e del diidrotestosterone. Quest'ultimo è un metabolita del suo precursore, ridotto in posizione 5-alfa, ed in molti tessuti bersaglio agisce da mediatore intracellulare per la maggior parte delle azioni dell' ormone: il suo legame con i recettori intracellulari degli androgeni è circa 10 volte più forte di quello del testosterone per cui è sicuramente più stabile il complesso recettore-DHT e si spiega così, razionalmente, la sua maggior potenza come androgeno.
Per ritornare al nostro discorso sui capelli, bisogna tener presente che una delle azioni degli androgeni è rappresentata dalla regolazione della crescita dei peli: nell'uomo consentono la trasformazione dei peli velli, sottili e non pigmentati, in capelli terminali, più grandi, spessi ed anche pigmentati. Comunque, nel cuoio capelluto possono determinare anche esattamente il contrario e cioè la regressione del follicolo terminale, cosa che capita, secondo gli studi di Diani e di Hills, oltrechè nell'uomo anche in entrambi i sessi di Macaco. I due studiosi hanno attentamente studiato il processo della calvizie di questi scimpanzè e ritengono che sia androgeno-mediata e possa essere comparabile a quella dell' alopecia androgenica umana.
Esperimenti con buoni risultati, e studi che seguo personalmente, hanno dimostrato che nei macachi la calvizie inizia alla loro pubertà (circa 4 anni di vita) concomitantemente con un aumento degli androgeni e del loro metabolismo producente, tra l' altro, il diidrotestosterone. Ciò è stato evidenziato nella parte frontale di giovani scimpanzè che stavano perdendo i capelli e, parimenti, anche una somministrazione esogena di testosterone a femmine ovariectomizzate causa una precoce comparsa della calvizie.
Una conferma della validità di questa teoria la si è avuta con 1'utilizzo della finasteride, un inibitore dalla 5-alfa-reduttasi che diminuisce la conversione testosterone-diidrotestosterone. Nel macaco è stata dimostrata una estesa presenza di recettori degli androgeni nello strato dermico, in quello esterno della radice, nell'epitelio del pelo e nella papilla dermica dei follicoli piliferi e delle ghiandole sebacee: questo suggerisce e conferma la notevole influenza degli androgeni sulla moltiplicazione cellulare nell'unita pilo-sebacea di questo animale. Recenti studi hanno dimostrato che la distribuzione di recettori degli androgeni è per lo più sovrapponibile a quella dimostrata nei tessuti umani, questo anche per quel che riguarda i siti recettoriali identificati negli strati interfollicolari dell' epidermide e nelle ghiandole sudoripare.

Localizzazione dei recettori per gli androgeni
E' stato necessario localizzare, mediante l'uso di uno specifico anticorpo monoclonale, le potenziali cellule bersaglio delle azioni degli androgeni sulla pelle per cercare di comprendere il meccanismo base attraverso il quale questi ormoni svolgono i loro vari effetti. I recettori degli androgeni sono stati evidenziati in alcuni fibroblasti dermici, in tutte le ghiandole sebacee ed anche, in diversa percentuale per l'uomo e per la donna, nei cheratinociti epidermici interfollicolari e nei dotti pilosebacei dei cheratinociti. I suddetti recettori sono presenti nella papilla dermica di follicoli sia piccoli che grandi, sia in anagen che in telogen, in tutte le parti del corpo. Nell'uomo e nella donna sono presenti in una percentuale che è, rispettivamente, del 58% e del 30%, quindi quasi doppia per l'uomo.
Significativo è che, in alcuni peli della barba e del pube non sono stati evidenziati recettori degli androgeni nella papilla dermica.
Altra valutazione significativa, sempre effettuabile alla luce delle risultanze ottenute con la presente ricerca, è che i suddetti ormoni influenzano lo sviluppo puberale delle ghiandole sudoripare ma non ne influenzano la secrezione; inoltre hanno un' azione stimolante sull' accrescimento di follicoli piliferi e ghiandole sebacee sia della faccia che del dorso. Di notevole importanza e la presenza di recettori degli androgeni nella papilla dermica; se si pensa all'assenza di recettori in altre parti del follicolo pilifero, ciò dovrebbe significare che la papilla dermica è il sito su cui agisce l' androgeno per la crescita dei capelli.
Per concludere si può ritenere che gli androgeni influenzano e regolano la crescita dei peli per la loro mirata azione sulle cellule della papilla dermica e, proprio perchè i recettori sono stati evidenziati solo nella papilla dermica, risulta che la stimolazione della crescita del follicolo (su faccia e regioni genitali) e l'inibizione della crescita (nella regione fronto-temporale/vertice del cuoio capelluto) vedono coinvolta l' azione degli androgeni a livello della papilla nella quale i recettori androgenici sono presenti sia durante la fase anagen che quella telogen del ciclo del pelo: ciò potrebbe significare, ancora, che l'influenza ormonale riveste un ruolo di primo piano in entrambe le fasi.
Altre risultanze, e cioè la mancanza di recettori degli androgeni in alcuni grossi follicoli piliferi di barba e pube ci portano a considerare che questi raggiungono uno stadio di pelo terminale in modo indipendente dalla stimolazione androgenica. Le molteplici ed estreme variazioni riguardanti il contenuto di recettori degli androgeni nel cuoio capelluto, indicano che la causa della perdita dei capelli nell'uomo può essere dovuta ad un numero differente di recettori degli androgeni. Per dovere di informazione è doveroso riferire che, da parte dei vari Autori, esiste una notevole discordanza per quel che riguarda l'ubicazione dei recettori degli androgeni: ciò, comunque, potrebbe essere imputabile alle differenti metodiche di ricerca e studio.

Le 5-alfa redattasi
Tali ormoni (3-oxo-5alfa steroide-delta4-riduttasi) catalizzano, mediante l'utilizzo di NAPDH, la riduzione del testosterone a diidrotestosterone (DHT). Ne esistono principalmente due tipi la cui attività è funzione del pH, della concentrazione ed anche dell' affinità dei recettori dell'organo bersaglio per l'ormone suddetto. Il discorso affinità vale, ovviamente, ai fini della ricerca e degli studi, anche per quel che riguarda gli inibitori. Mediante studi condotti principalmente su prostata e cuoio capelluto sono stati evidenziati due differenti enzimi denominati 5-alfa reduttasi di tipo 1 e 2 .
Quella di tipo-2 è stata evidenziata, in buone concentrazioni, principalmente nei seguenti siti:
-cellule della guaina epiteliale più interna del follicolo pilifero
-epatociti
-cellule epiteliali della prostata
-cellule dei dotti biliari
-ipociti ecc
La 5-alfa-reduttasi di tipo-1 trova, invece, prevalentemente, la seguente localizzazione in:
-tessuti periferici maschili
-prostata ventrale
-vescicole seminali
-cervello e ghiandole surrenalli

Conclusioni della ricerca
L' alopecia androgenica è la forma di caduta dei capelli più comune, in entrambi i sessi, ed è dovuta alla graduale trasforrnazione di peli terminali in peli velli.
Più soggette sono le aree temporo-frontali e del vertice. Un'influenza modulatrice ormonale, da parte degli androgeni, appare certa ma non è affatto chiaro il suo meccanismo. Le teorie più correnti sostengono che l' alopecia androgenetica si manifesti soltanto in quei follicoli che hanno "il potenziale genetico per essere inibiti dagli androgeni per un prolungato periodo di tempo". L' espressione di tale potenziale genetico si realizza con l' interazione tra l' androgeno e le cellule bersaglio sensibili ad esso della papilla e/o della matrice del pelo. L' ormone androgeno principalmente interessato nelle reazioni che si sviluppano con l'interazione sull'organo bersaglio risulta essere, da evidenze cliniche e biochimiche, il diidrotestosterone: aumentati livelli di esso sono stati correlati all'ipertrofia prostatica benigna, all'irsutismo femminile, all'acne ed all'alopecia maschile. Vari studi hanno consentito di localizzare i recettori per gli androgeni, a livello cutaneo, sia nell'uomo che nell'animale, sia in soggetti sani che affetti da patologie androgeno-dipendenti, soprattutto nei nuclei delle cellule della papilla dermica di peli della barba ed ascellari.
Visto che nell'uomo la maggior parte del DHT viene fuori dalla conversione del testosterone, è opportuno ed utile localizzare la presenza di attività 5-alfa reduttasica, invece di quella dei recettori degli androgeni, per caratterizzare le differenze esistenti, se è vero che ci sono, tra le regioni del cuoio capelluto soggetto ad alopecia androgenetica (zona fronto-temporale e vertice) e quelle immuni, sia nell'uomo che nella donna, ovviamente a livello dei follicoli piliferi.
E' accertato da lungo tempo, d'altra parte, che l'attività 5-alfa reduttasica è maggiore nei follicoli piliferi del cuoio capelluto alopecico rispetto a quella dei follicoli di scalpo normale. Inoltre le recenti tecniche di clonazione hanno permesso di sintetizzare frammenti peptidici adatti e specifici per i due isoenzimi, alfareduttasi di tipo 1 e 2, permettendo di determinarne localizzazione e concentrazione. Nell'uomo la ricerca, effettuata su cuoio capelluto di donatori affetti da alopecia androgenetica ha permesso di evidenziare per quel che riguarda le 5-alfareduttasi tipo-l, qualche differenza di concentrazione tra i campioni di cuoio capelluto della regione nucale e quelli della regione fronto-temporale dello stesso individuo in persone affette da alopecia androgenetica al III - IV stadio della scala di Hamilton. Lo studio, effettuato anche per l'isoenzima tipo-2 non ha fatto registrare, come del resto capitava anche per l'isoenzima tipo-l, particolari differenze tra i campioni provenienti da diversi donatori, sia maschi che femmine, ma ha evidenziato anch'esso differenze tra i campioni di cuoio capelluto della regione nucale e quelli della regione frontotemporale/vertice, nello stesso individuo. I follicoli piliferi osservati sono principalmente in fase anagen, più piccoli dei follicoli della regione nucale, pur non essendo peli velli. L'isoenzima di tipo 2, per concludere, non è stato evidenziato nelle cellule del connettivo dermico, comprese quelle della papilla.
Degne di nota risultano, comunque, alcune differenze riscontrate tra le regioni occipitale e fronto-temporale/vertice: innanzitutto la completa negatività alle 5-alfa-reduttasi tipo-I dell' epidermide e delle ghiandole sebacee, dove l' enzima presente è il solo 5-alfa-reduttasi tipo-2, a livello delle aree alopeciche. Ne scaturisce che, se è vero che la distribuzione e localizzazione dell' enzima 5-alfa- reduttasi tipo-1 corrisponde a quella dei recettori degli androgeni, e se è vero che quando c’è deficienza di 5-alfa-reduttasi tipo-2 non si ha alopecia, potremmo ritenere che se questo enzima è presente, allora lì si può avere caduta dei capelli. Bisogna anche tener conto che vari Autori hanno messo in risalto, quale risultato delle loro ricerche, differenze nel metabolismo degli androgeni nelle diverse regioni cutanee e la differente distribuzione di 5-alfa-reduttasi di tipo 1 e 2 a livello occipitale e fronto-temporale/vertice può esserne una riprova. Altra evidenza venuta fuori da numerosi studi è che nell'uomo calvo i livelli di diidrotestosterone sono sensibilmente più alti che nel soggetto che non presenta alopecia, mentre non ci sono differenze per quel che riguarda le concentrazioni di testosterone: d' altro canto è dimostrato un aumento di attività 5-alfa-reduttasica nel cuoio capelluto calvo e mancanza di calvizie in caso di deficienza di 5-alfa-reduttasi. Un'ipotesi interessante, avanzata da Diani e coll. , suggerisce che la Finasteride, un potente inibitore della 5-alfa-reduttasi tipo 2 che deprime significativamente i livelli di diidrotestosterone ma non di testosterone, possa invertire il processo della caduta dei capelli ed incrementare l'azione del Minoxidil sulla ricrescita dei capelli.

 

L’Apoptosi, l’Oncoproteina Bcl-2 e le influenze Ormonali e Geniche sul ciclo vitale del capello
Una volta visionati nelle linee generali i meccanismi di attivazione e/o controllo di determinati meccanismi biosintetici di grande significato funzionale nella biologia molecolare del follicolo pilifero, entriamo ora nello specifico, per quanto gli studi attuali lo consentono, relativamente alla funzione della Oncoproteina Bcl-2.
E' importante, per meglio intenderci, fare un punto sulla APOPTOSI CELLULARE, meccanismo o ciclo biochimico implicato in numerosi processi fisiologici e patologici che può essere considerato un modello attivo di autodistruzione cellulare energia-dipendente, controllata e diretta da geni, da valutare quale meccanismo privilegiato, perchè inducibile in maniera selettiva (Norris 1995), che consente l'eliminazione o la trasformazione di popolazioni di cellule in un determinato momento della loro vita.
I geni responsabili dell'induzione o dell'inibizione dell'apoptosi sono stati definiti "geni regolatori" e fino ad oggi sono state identificate, per grandi linee, due classi di geni, ricche di sottoclassi, detti rispettivamente proto-oncogeni ed onco-soppressori. Tra quelli riconosciuti nel follicolo pilifero ci sono i protooncogeni della famiglia Myc, elementi della famiglia Bcl-Bax ed altri. Più dettagliatamente la proteina codificata dal gene Bcl-2 viene considerata una molecola che prolunga la vita cellulare bloccando o inibendo parzialmente i fenomeni apoptotici, in conclusione agisce come molecola anti-apoptotica. La sua presenza è stata riscontrata a livello della membrana nucleare, del reticolo endoplasmatico e nei mitocondri, dove è distribuita nei punti di contatto tra le membrane mitocondriali esterna ed interna (Reed 1994, Yang 1996).
Una dimostrazione sperimentale dell' attività tendente a bloccare l' apoptosi è data dagli studi di Rittmaster (1989) il quale osservò e dimostrò che nel ratto, dopo castrazione o riduzione farmacologica dell' attività 5-alfa-riduttasica diminuisce considerevolmente la massa prostatica dovuta all'intensa attività apoptotica.
In realtà gli androgeni esercitano un importante molo oltrechè per la prostata anche per la pelle, in particolare per cuoio capelluto, area pubica e zona ascellare. Discorso più approfondito merita il cuoio capelluto nel quale le aree fronto-temporali ed il vertice, in individui predisposti, sono sensibili all' influenza degli androgeni nel senso che possono diventare, nel tempo, zone alopeciche, mentre le aree temporali ed occipitali non risentono negativamente della presenza di questi ormoni. Partendo da tali dati certi lo studio cui faccio riferimento ha cercato di localizzare con esattezza l' oncoproteina Bcl-2 nella pelle umana, quale struttura androgeno-dipendente, per poterne interpretare il significato funzionale anche in relazione a quanto dimostrato nella prostata. Tale studio è stato condotto comparativamente su cuoio capelluto sia sano che affetto da alopecia androgenetica, sia in fluorescenza che non, con tecniche di immunoistochimica. I dati ed i risultati ottenuti, riportati di seguito, sono relativi a follicoli piliferi in anagen perchè quelli presenti in altre fasi non erano sufficienti a determinare una valutazione statisticamente valida.
Per lo studio in questione la raccolta del materiale è stata possibile prelevando i campioni di cuoio capelluto, durante interventi di autotrapianto, dietro consenso informato, da soggetti affetti da alopecia androgenetica fino al III grado secondo la scala di Hamilton. Il prelievo è avvenuto nella regione occipitale (nuca) ed in quella fronto-temporale. Viste le caratteristiche della regione nucale, questi campioni di cuoio capelluto sono stati considerati "normali" e comparati poi con quelli delle zone sensibili all'attività degli androgeni (aree fronto-temporali).
Risultanze dello studio
I dati rilevati con le tecniche sopradescritte di immunoistochimica ed immunofluorescenza hanno consentito di chiarire che, quanto alla localizzazione di Bcl-2, non esiste alcuna differenza tra i campioni di cuoio capelluto "normale" (prelevato dalla regione nucale) ed alopecico (localizzato al vertex). La presenza di Bcl-2 è stata riscontrata nelle cellule dello strato basale che, a causa della loro forma e dimensione, sono state riconosciute come melanociti. La marcatura con immunoperossidasi, inoltre, ha reso particolarmente evidente oltrechè la loro presenza anche la localizzazione: rapportandoli all' epidermide i melanociti diventano assai più numerosi e ravvicinati a livello del foro pilare e in tutto l'infundibolo fino allo sbocco della ghiandola sebacea. Anche le cellule della papilla sono risultate fortemente e positivamente reattive alla marcatura. Per quel che riguarda le ghiandole sebacee sono risultate marcate, quindi evidenti e presenti, le cellule dell' epitelio del dotto escretore; altre cellule che sono risultate marcate sono quelle a livello ghiandolare nelle ghiandole sudoripare.
Conclusioni
Dal momento che, relativamente alla localizzazione di Bcl-2 non si sono evidenziate differenze tra i campioni di cuoio capelluto di nuca (normale) e di vertice (alopecico), allo stato attuale della ricerca non è possibile interpretare il molo della oncoproteina in questione nell' alopecia androgenetica. I risultati dello studio confermano quanto già descritto da Plattemberg in pelle umana nel 1995 perchè registrano la presenza di Bcl-2 quasi esclusivamente nei melanociti dell'epidermide e dell'infundibolo oltre che nelle cellule della papilla del bulbo.
Per tutto questo, alla luce delle attuali conoscenze oltrechè dei risultati delle sperimentazioni riferite appare di notevole importanza la positività per Bcl-2 dei melanociti dell'epidermide e della porzione permanente del follicolo pilifero (infundibolo). Ciò ci fa riflettere su una delle caratteristiche dei melanociti che è quella di essere reattivi all'azione dei raggi UV, in particolare agli UVA, che li stimolano a produrre radicali ossigeno (Persad et al. 1983, Cunningham et al. 1985, Black 1987, Yohn et al. 1992) in quanto la melanina presente, dopo esposizione a radiazioni elettromagnetiche può portare alla ulteriore formazione di radicali liberi (Zhai e coll. 1996).
Gli esperimenti di Yohn et al. (1992) hanno evidenziato, tra le altre cose, che i melanociti degli individui di razza bianca, che non posseggono un livello di attività enzimatica antiossidante più elevato dei melanociti di individui di razza nera, in seguito ad esposizione a radiazioni UVA, producono una quantità di radicali liberi superiore alla loro possibilità di difesa dall'ossidazione, e tale fenomeno porta al danno cellulare ed alla morte. Nel 1996 Zhai e collaboratori hanno studiato e sostenuto l'ipotesi secondo la quale in melanociti irradiati dagli UV si innescherebbe un sistema di difesa che implica un aumento di NGF che controllerebbe i livelli della Bcl-2. Una riprova a conferma di quanto ipotizzato è stata per gli Autori l' osservazione che il blocco di tale regolazione, ad esempio con un necleotide antisenso per Bcl-2, annulla l'effetto positivo dell'NGF sulla sopravvivenza cellulare. Ciò indicherebbe che uno dei meccanismi con cui Bcl-2 esplica la sua azione anti-apoptotica potrebbe essere quello di proteggere da agenti ossidanti. Un'ipotesi studiata da Kroemer spiega la funzione antiossidante di Bcl-2 con la sua capacità di ripristinare la permeabilità di membrana modificata dai radicali liberi "correggendo" le alterazioni da essi indotte.
A conclusione dei riferiti studi sulla localizzazione e sulla funzione di Bcl-2 possiamo riassumere che la marcatura dei soli melanociti epidermici ed infundibolari, cioè delle cellule necessarie alla protezione dall'irradiazione UV che sono cellule a vita lunga, trova una spiegazione logica alla luce dello studio, delle ricerche e dei dati sperimentali ottenuti. Allo stesso modo si spiega la non marcatura e quindi l' assenza di Bcl-2 nei melanociti più profondi, privi di significato protettivo e quindi a vita breve.
Viene così confermato, sempre allo stato attuale degli studi, il molo di Bcl-2 quale oncoproteina antiapoptotica presente, infine, anche in alcune cellule a livello della papilla dermica: non si tratta di melanociti, che non sono presenti in quella sede, ma di elementi a lunga vita indispensabili, la dove vengono a trovarsi, per la rigenerazione del follicolo e l' accrescimento di nuovi peli.

Stato della ricerca sull’alopecia: applicazioni
panoramica sul presente e …futuro dei rimedi

La causa della caduta dei capelli può essere molteplice: questo processo fisiopatologico, infatti, molto spesso si manifesta come espressione anche di altri disturbi quali l'acne, l'irsutismo (sesso femminile), la dermatite seborroica etc.
Sicuramente gli androgeni giocano un ruolo di primaria importanza per la presenza, a livello epidermico, dell'enzima 5-alfa reduttasi che, agendo sul testosterone, lo trasforma sul metabolita attivo androgeneticamente responsabile, per esempio, nello pseudo-ermafroditismo maschile del mancato sviluppo dei genitali esterni maschili (nonostante la presenza di livelli normali di testosterone), e nella policistite ovarica della comparsa di affezioni androgenetiche quali l'acne, la comparsa di peli superflui, l'alopecia etc.
Il testosterone prodotto a partire dal colesterolo segue due vie di trasformazione: in diidrotestosterone, (con la catalisi della 5alfa reduttasi NADH dipendente), ed in estradiolo, mediante l'azione catalitica della citocromo P-450 aromatasi NADPH dipendente. Una ricerca condotta negli USA ha fatto osservare che gli enzimi-catalizzatori sopracitati tendono, in soggetti alopecici adulti maschi e femmine, rispettivamente ad aumentare e a diminuire progredendo dalla regione occipitale a quella frontale. Ciò ci potrebbe spiegare perchè la caduta dei capelli nella maggior parte dei casi ha inizio con una rescissione frontale.
L' alopecia androgenetica, quindi, dipende anche dalla presenza dell'enzima citocromo P-450 aromatasi perchè la mancata conversione del testosterone in estradiolo porta comunque ad un trofismo androgenico elevato.
Altra causa dell'atrofia bulbare potrebbe essere legata all'ingrossamento del bulbo pilifero, provocato dal diidro-testosterone (con un aumento del volume anche del 30%), che causa lo strozzamento del bulbo stesso che conseguentemente determinerà un deficit circolatorio (ipossia) e l' accumulo di metaboliti tossici quali, ad esempio, radicali liberi ed anidride carbonica mediatori dell'infiammazione. Sempre nel variegato orizzonte della lotta alla caduta dei capelli appare la possibilità di agire utilizzando le funzioni biologiche dell'Ossido di azoto: questo gas, molto nocivo di per sè per l'uomo, nel nostro organismo viene trasformato in nitrati la cui presenza, in passato, si pensava che fosse dovuta solo all'ingestione di alimenti. Studi e sperimentazioni recenti hanno permesso di stabilire che questo gas agisce come messaggero chimico ed in questo molo manifesta principalmente due attività: la prima e legata alla dilatazione dei vasi ad opera dei neurotrasmettitori, la seconda si ricollega ai farmaci che alleviano la sintomatologia dell'angina pectoris, patologia caratterizzata dalla costrizione delle arterie coronarie. Come altre attività fisiologiche, per il momento ritenute secondarie, l' ossido di azoto si è dimostrato coinvolto nella regolazione del sistema immunitario, nei processi di memoria, nell'erezione del pene, nella vasodilatazione delle arteriole connesse agli alveoli polmonari, nella coagulazione del sangue e, per ultimo ma non meno importante soprattutto ai fini del presente studio, nella vasodilatazione delle arteriole pre-capillari dei vasi sanguigni non solo periferici.
Studi alquanto recenti permettono di asserire che è proprio in seguito al rilascio di ossido di azoto, previa bio-trasformazione, che il Minoxidil svolge il proprio meccanismo d'azione per quel che riguarda il trattamento dell' alopecia e ciò sicuramente spalanca nuovi orizzonti nel trattamento dell' alopecia.
La sostanza appena citata è un potente dilatatore delle arterie, scoperto nel 1963, che da relativamente poco tempo viene utilizzato per la cura della calvizie e, sempre in base agli studi effettuati sul macaco a coda mozza, non sembra contrastare l' attività degli ormoni androgeni; in ogni caso si nota che, a seguito di frizioni locali per lunghi periodi di tempo di tale farmaco, si determina non solo una diminuzione dei follicoli in fase telogen ma anche un'inversione del processo di rimpicciolimento dei follicoli causato dagli ormoni androgeni. L'uso del minoxidil, per concludere, è consigliato anche alle donne, ma solo dopo la menopausa oppure nei casi di gravi forme depressive.
Sempre a proposito di calvizie si parla molto, ora, di Finasteride, un farmaco anti-androgenico utile, per uso sistemico, nella terapia dell' ipertrofia e del cancro della prostata che agisce bloccando gli androgeni o, meglio, proprio le 5-alfa reduttasi. Si tratta comunque di un farmaco ancora soggetto a sperimentazione, con alcuni importanti effetti collaterali niente affatto trascurabili, tra i quali primeggiano l'impotenza e la perdita del desiderio sessuale.
Un'evoluzione tecnologica migliorativa sembra essere la Dutasteride, farmaco inibitore di entrambi gli isoenzimi delle 5alfa-reduttasi (tipo 1 e 2), tutt' ora in sperimentazione clinica. Altri possibili interventi nella terapia della calvizie sono legati all'uso di sostanze attive in altri meccanismi che interessano il ciclo vitale del bulbo pilifero: alcuni ricercatori tedeschi sono convinti che nella caduta dei capelli possa entrarci il sistema immunitario e ritengono che per migliorare il suo funzionamento e correggere determinati disequilibri potrebbe essere importante l'uso del Timo, una ghiandola posta sopra il cuore, per bloccare o rallentare il fenomeno autoimmunitario. Tra gli altri prodotti utilizzati più o meno a buon ragione, c'è il Cortisone che, secondo alcuni dermatologi, è utilissimo in varie affezioni dei capelli ed in qualche tipo di alopecia.
Anche lo Spironolattone viene utilizzato a tale scopo: si tratta di un farmaco diuretico che contrasta l'azione degli androgeni e può essere applicato topicamente insieme anche all' acido retinoico ed al progesterone: presenta un certo effetto nel rallentare la caduta dei capelli ma è controindicato in gravidanza. Un possibile nuovo trattamento può essere l'uso del Lanatoprost, un farmaco derivato della prostaglandina F2-alfa utilizzata come collirio per il trattamento del glaucoma che può rappresentare una promessa futura nella quale in tanti crediamo. Per ora è stato studiato con risultati interessanti, e seguo anche personalmente la cosa, solo sul macaco a coda mozza, una scimmia che sviluppa nel tempo una calvizie identica a quella umana.

Dopo aver ricordato prodotti gia più o meno utilizzati o sperimentati, da buon cosmetologo voglio sottolineare, anche perchè è la strada che sto seguendo, che il futuro, o meglio l'innovazione, rispetto all'uso tradizionale dei succitati prodotti, sta nel fatto che alla luce delle moderne acquisizioni è possibile non solo veicolare i principi funzionali delle molecole attive e dei fitocomplessi direttamente nel sito adatto a svolgere in modo ottimale la loro funzione, ma anche utilizzare, quali eccipienti, sostanze in grado non solo di trasportare i principi attivi ma anche di sinergizzare, con proprietà affini e/o complementari, l’ azione del rimedio principale.
Per chiarire meglio il primo concetto preciso che, secondo me, il modo migliore di utilizzare un farmaco è quello di farlo arrivare dove effettivamente serve e deve agire con una distribuzione del prodotto tale da non farlo concentrare anche in altri organi e tessuti nei quali otterrebbe, per lo più, solo effetti collaterali non sempre graditi ed accettabili.
Riguardo al nuovo modo di concepire gli eccipienti voglio spiegare che, a parte le tradizionali forme di somministrazione, esiste la possibilità di stabilire con precisione come veicolare una sostanza, naturale o di sintesi, a seconda non solo dell'organo o tessuto ma anche del tipo di azione richiesta (più o meno ritardata nel tempo e/o selettiva), sempre con lo scopo di ottimizzare somministrazione e dosaggi, intendendo, ora, i cosiddetti eccipienti, non più come sostanze solamente inerti, ma quali molecole in grado di avere una loro specifica funzione attiva in quella particolare formulazione.
Concludo la panoramica sul presente e futuro dei rimedi citando, ancora, le sperimentazioni, perchè di fatto esistono solo quelle, sulla Ciclosporina (un antibiotico utilizzato nei trapianti), sul Viprostol (un vasodilatatore), sull'Omexin (uno stimolatore della proliferazione dei vasi sanguigni) ed infine sull'Inocoterone acetato, un antiandrogeno. Trattamenti di medicina cosiddetta "alternativa", dei quali riferirò soltanto, per completezza e dovere di informazione, non esprimendomi comunque sulla loro efficacia né dilungandomi sull' argomento solo perchè non mi sembra utile in questo tipo di trattazione, sono rappresentati dalle cure proposte dalla fitoterapia, dalla cromoterapia, dall' omeopatia, dalla medicina orientale, dalla laserterapia, dalla ionoforesi e dalla mesoterapia.
Per concludere questa panoramica sulle cure, dedicherò quello che ritengo il giusto spazio alla dieta da considerare quale strumento coadiuvante nel trattamento della caduta dei capelli perchè esistono degli alimenti certamente indispensabili per un buon ciclo vitale di bulbo pilifero e capello.
A prima vista potrebbe sembrare una banalità affermare che è importante. ai fini della caduta dei capelli, un'alimentazione ricca, sana ed equilibrata, ma non è così perchè, in effetti, i ritmi di vita attuale costringono troppo spesso ad abitudini e regimi alimentari sbagliati. E' dimostrato che a seguito di essi l’organismo evidenzia segnali negativi a carico della pelle e degli annessi cutanei che possono estrinsecarsi con i più vari inestetismi, con il rallentamento della crescita e finanche con la caduta dei capelli.
Non esiste una dieta specifica per la salute dei capelli, tuttavia vale sempre il consiglio di mangiare cibi naturali, sani e vari, evitando o riducendo, se possibile, l'uso di cibi conservati e/o preparati industrialmente, di dolci di farina bianca, di formaggi fusi e di alcoolici: questo perchè l' organismo in toto, e quindi anche il nostro cuoio capelluto, possa disporre di tutti quegli elementi necessari ed allo stesso tempo indispensabili per far crescere e mantenere sani i suoi peli.
Per quanto riguarda i minerali, ricordo che abbiamo assoluta necessità di calcio, fosforo, potassio, sodio, cloro zolfo e magnesio, ma non per questo sono meno importanti, comunque, il ferro, il rame, il selenio e molti altri.
Per quel che riguarda l' apporto proteico e di aminoacidi (alimenti animali e pochi vegetali), brevemente ricordiamo che:
- le proteine ricche di zolfo favoriscono la densità di crescita dei capelli e determinano un aumento del loro diametro,
- i principali aminoacidi utili sono la metionina e la cistina .

Dermocosmesi Corrado
pubblicazione del 2003